La misofonia è un disturbo che sta attirando sempre più l’attenzione della comunità scientifica.
Il termine misofonia è usato in modo specifico dal 2003.
Nonostante il nome suggerisca un “odio per i suoni”, la misofonia è differente dall’iperacusia, che riguarda l’eccesso di sensibilità acustica a suoni percepiti come fisicamente intensi e dolorosi.
Cos’è la misofonia?
Immagina che il suono della masticazione degli altri ti irriti o ti faccia infuriare talmente tanto da non riuscire a mangiare insieme alle persone che ami. Oppure, che il ticchettio delle dita sulla tastiera del pc ti faccia perdere la concentrazione. O che il rumore del respiro delle persone ti irriti al punto tale da non permetterti di studiare o lavorare.
Quelli appena visti sono solo alcuni esempi di reazioni misofoniche.
L’aspetto centrale della misofonia è l’avversione ai suoni che, generalmente, sono ripetitivi e prodotti da altri esseri umani. Soprattutto, si tratta di suoni facciali o orali, legati al masticare, bere, respirare con la bocca, tirare su col naso, schiarirsi la gola, ecc. La percezione di questi suoni può portare all’esplosione di sintomi caratterizzati da reazioni emotive eccessive e irrazionali, indipendentemente dall’intensità dello stimolo sonoro. Per questo motivo, i suoni che colpiscono la sensibilità della persona con misofonia sono definiti attivanti o trigger.
Attualmente, la misofonia non è inserita nei manuali diagnostici di salute mentale e non è ben chiaro se abbia correlazioni con disturbi psichiatrici. Gli studi di imaging cerebrale, tuttavia, confermano l’esistenza di una risposta specifica caratterizzata da una forte reazione fisologica.
Quali sono i sintomi della misofonia?
I sintomi della misofonia ruotano attorno ai suoni attivanti e variano da persona a persona.
Sono sempre presenti reazioni emotive intense (in genere di rabbia, irritazione o disgusto). In aggiunta, emergono uno o più fenomeni che incidono sulla qualità della vita delle persone con misofonia:
- evitamento di situazioni o persone che producono i suoni considerati attivanti,
- irritabilità e frustrazione nella gestione dei suoni attivanti;
- difficoltà nel concentrarsi;
- problemi nel mantenere relazioni interpersonali.
La gravità della misofonia e la sua resistenza al trattamento non sono ancora ben comprese.
Alcuni studi suggeriscono che i disturbi borderline di personalità, il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo di panico potrebbero essere predittori di sintomi più gravi legati alla misofonia. In questi casi, l’intervento terapeutico dovrebbe considerare anche questi disturbi correlati.
Quale impatto ha la misofonia sulla qualità della vita?
Poiché la misofonia inizia a manifestarsi in età infantile, può incidere in modo importante sullo sviluppo e la qualità della vita delle persone.
Solitamente, infatti, la misofonia tende a compromettere la formazione delle relazioni interpersonali, anche importanti, aumentando il livello di malessere personale nei rapporti sociali. Inoltre, limitando le capacità di attenzione e concentrazione (sul lavoro o a scuola), può avere ricadute importanti sullo sviluppo di competenze personali e il raggiungimento di obiettivi personali.
Nei casi più gravi, la misofonia porta chi ne soffre ad isolarsi e a perdere momenti quotidiani importanti, come ad esempio la possibilità di condividere i pasti con la propria famiglia o piacevoli uscite con amici, amiche e persone amate.
Considerando che il disturbo è ancora poco conosciuto, l’impatto della misofonia è aggravato dalle reazioni sociali avverse e dai pregiudizi stigmatizzanti emessi dalle altre persone.
Non è raro, infatti, che i bambini e le bambine non vengano creduti e diventino vittime di pregiudizi e etichettamenti ingiusti. Un bambino o una bambina che esprime il proprio disagio, spesso è etichettato/a come viziato/a, maleducato/a, capriccioso/a, strano/a, ecc. La stessa sorte tocca ai genitori (considerati ingiustamente incapaci).
Le persone adulte, invece, possono esser viste come persone che trovano scuse per non svolgere il loro lavoro o non partecipare ad eventi. Alla lunga, sulla base di pregiudizi, possono essere isolate o allontanate.
La buona notizia è che esistono approcci terapeutici promettenti.
Tra questi, in ambito psicologico, ci sono gli interventi basati sull’approccio cognitivo-comportamentale. In alcuni casi, l’approccio cognitivo-comportamentale può ridurre l’impatto della misofonia con programmi specifici che possono anche avere una durata di tre mesi circa.
Cosa può fare il trattamento cognitivo-comportamentale (TCC) per chi soffre di misofonia?
Il trattamento cognitivo-comportamentale è un approccio terapeutico che, in assenza di altre problematiche, si può concentrare sulla situazione specifica. Se presenti anche altre problematiche, ovviamente, mediante l’approccio cognitivo comportamentale si può intervenire anche su di esse.
In riferimento alla misofonia, con l’approccio cognitivo-comportamentale si lavora sull’identificazione e la modifica dei pensieri e dei comportamenti disfunzionali che contribuiscono alla sofferenza emotiva. Ad esempio aspettarsi di incontrare un suono attivante, prima ancora di ascoltarlo, è una situazione che è importante imparare a gestire, per non ritrovarsi ad evitare tutte le possibili situazioni nelle quali potrebbe esser presente il suono attivante.
L’intervento cognitivo-comportamentale si concentra sul aiutare ad acquisire competenze concrete alle persone, per migliorare la qualità della vita in relazione alla misofonia.
Ciò include:
- Imparare a riconoscere cosa scatena le proprie reazioni emotive;
- Acquisire strategie funzionali per affrontare e ridurre le reazioni emotive (anche a livello sociale);
- Gestire i pensieri e le credenze disfunzionali legate alla misofonia;
- Imparare ad affrontare gradualmente i suoni trigger per desensibilizzarsi.
Un buon intervento, in definitiva, aiuta a vivere una vita più serena, caratterizzata da una migliore e maggiore possibilità relazionale e una minore quantità di irritazione e frustrazione legata dalla sensibilità ai suoni attivanti.
Nel caso dei genitori, un buon intervento aiuta a dare un supporto concreto ai figli e alle figlie, per migliorare la qualità della loro vita.
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