Il tempo del coronavirus passerà, diventerà un ricordo e avremo bisogno di riprendere pienamente le nostre vite. Faremo tesoro di questa esperienza collettiva e, si spera, proveremo a non ripetere gli errori che ci hanno penalizzato.
La ripresa non sarà automatica. La dovremo preparare in anticipo, meglio se iniziando sin da ora. Per fare questo, ti propongo 8 argomenti e altrettanti consigli per il tuo benessere emotivo.
I consigli possono aiutarti anche per aiutare altre persone, perché in una comunità si fa così: ci si prende cura gli uni degli altri.
Lo scritto è volutamente lungo, sperando che la lunghezza non sia un problema. Questa scelta è stata presa anche per darti uno stimolo che ti faccia compagnia. Anche grazie a questo post, potrai gestire il tempo del coronavirus in modo costruttivo, utile e, si spera, il più possibile piacevole, nonostante tutto.
Cosa devi sapere sulla paura?
La paura è un’amica che ti vuole molto bene e si preoccupa per la tua vita. Di tanto in tanto la devi incontrare, perché ti fa bene, ma devi anche imparare ad avere con lei una relazione equilibrata, altrimenti rischia di diventare iperprotettiva. Per questo, è meglio non conviverci.
Per regolare il tuo rapporto con la paura, considera quattro elementi.
La paura è un’emozione normale. La proviamo tutti. È l’assenza di paura nella vita di una persona che potrebbe essere insolita, costituendo addirittura il sintomo di un danno cerebrale.
La paura è un’emozione pervasiva. Può coinvolgerci completamente. Sin dai tempi più remoti, la funzione di questa emozione è stata proteggerci con un forte allarme, capace di farci reagire rapidamente e automaticamente al pericolo. Per darti il dono della prontezza dei riflessi, però, la paura sacrifica un aspetto che potrebbe rallentarti: la tendenza a riflettere.
La paura è contagiosa, perché noi esseri umani siamo animali sociali e ci regoliamo insieme agli altri. Per quanto sia difficile crederlo, vedendo ciò che capita nel mondo, i nostri istinti ci portano a proteggerci in gruppo. Quando l’intensità emotiva è elevata, ci spaventiamo insieme agli altri. Questo meccanismo è vitale ma non ha effetti universali, perché i suoi risultati dipendono del concetto di gruppo che abbiamo in mente. Non tutti, ad esempio, riescono a percepire l’umanità come un grande gruppo.
La paura risente del pensiero e dell’esperienza. Può essere intensificata o ridotta in base a ciò che si pensa e alle esperienze avute con un pericolo.
Il primo consiglio che voglio darti, quindi, riguarda la paura.
Se in questo periodo hai sperimentato paura accettala, perché è normale provare paura, anche se l’hai sentita a partire dalle reazioni altrui.
Ricorda che non è la paura a rendere problematica la vita di una persona, inclusa la tua, ma la reazione che viene messa in atto di fronte la paura, che non sempre è la migliore possibile. Avrai sicuramente notato, infatti, che ognuno ha reagito a modo suo dinnanzi alla paura del COVID-19: negando l’esistenza del problema, improvvisandosi epidemiologo esperto, trovando l’ispirazione per fare battute ironiche, profetizzando catastrofi legate ai nostri peccati, sfruttando un motivo in più per sostenere pensieri complottisti, fare più soldi vendendo disinfettanti, ottenere più visibilità, accumulare cibo, esplodere di rabbia o altro. Come detto sopra, anche se la paura è normale le reazioni alla paura non sempre sono d’aiuto.
Ricorda anche che è normale incontrare persone che provano ed esprimono paura. Per favore, quindi, rispettale e mantieni uno sguardo benevolo nei loro confronti, senza farti prendere dalla boria. Non hai bisogno di darti valore facendo leva sul malessere dei tuoi simili, umiliandoli. Non sminuire le persone più spaventate di te e non prenderle in giro nel tentativo di sdrammatizzare, soprattutto se si tratta di bambini, per non farle sentire erroneamente sbagliate.
Come detto sopra, le cose sbagliate sono altre. Gli errori, rispetto al COVID-19, si legano a reazioni istintive che hanno a che fare con la velocità di risposta dinnanzi ai pericoli.
Che effetto fa la velocità al tempo del coronavirus?
Se immaginiamo un nostro antenato homo sapiens che scappava e dava l’allarme per aver avvistato un predatore, capiamo che 200.000 anni fa verificare i fatti con precisione non era sempre un’operazione sensata. Chi vedeva scappare un individuo spaventato, per sopravvivere, faceva lo stesso. Chi invece si azzardava a fare quello che oggi chiamiamo fact-checking, andando ad analizzare il pericolo, diventava il pasto. La velocità era vitale e, in molte situazioni, lo è tuttora.
Grazie al buon Darwin, dunque, possiamo capire che i primi a estinguersi sono stati coloro che non provavano paura. Noi, quindi, siamo il risultato evolutivo degli altri: quelli che nel dubbio hanno pensato fosse più saggio reagire velocemente. Mai avremmo potuto immaginare che sarebbe arrivato il tempo del coronavirus e che i verificatori di informazioni sarebbero tornati utili. Questi intrepidi e curiosi individui oggigiorno ci mancano profondamente.
Gli istinti del passato, quindi, ci portano a reagire con velocità. Ci predisponiamo a captare tutti i segnali del pericolo, portando i nostri corpi a secernere più cortisolo per gestire lo stress. Al contempo, questo eccesso di cortisolo ci attiva e mantiene la tendenza all’iper-focalizzazione, rendendo più difficile distogliere l’attenzione da una potenziale minaccia.
Questa nitidissima messa a fuoco del pericolo era cruciale, ed è cruciale, dinnanzi a elementi grandi e immediati ma è inapplicabile con un pericolo osservabile solo in laboratorio. Poiché la natura non ci ha dotato di una vista microscopica o di un udito capace di cogliere il ruggito di un virus, ammesso che ruggisca, relazionandoci al COVID-19 rischiamo di diventare ossessionati per le cose sbagliate. Se la paura non ha il bersaglio giusto, può diventare ansia generalizzata, paranoia, diffidenza, odio, panico.
Quando immaginiamo un pericolo per un tempo prolungato, senza aver a che fare con la minaccia diretta, il nostro cervello si confonde.
Questo è ciò che accade al tempo del coronavirus: possiamo provare confusione e terrore, anche se fisicamente non abbiamo perso un colpo, siamo in perfetta salute e non c’è nulla che ci sta minacciando direttamente. Il dubbio si insinua nei nostri pensieri, alimentato dal fatto che i segnali fisici di pericolo si accomunano ad esperienze di vita che abbiamo imparato a non temere: i sintomi influenzali.
Ci mancano certezze e proviamo a cercarle come abbiamo sempre fatto, sin dalle origini. Nel nostro mondo sempre più globalizzato, dove il flusso di notizie si propaga ininterrottamente per 24 ore al giorno, è difficile tuttavia vedere i rischi nella giusta prospettiva.
Guidato dalla paura incessante, il nostro cervello assume un funzionamento primitivo, restando costantemente in allarme per consumare voracemente notizie e stimoli sul coronavirus. Quando proviamo a risolvere i problemi in questo stato, mentre il nostro sistema d’allarme è su di giri, falliamo. Le risposte veloci sono inadatte per affrontare questo scenario lento.
Il secondo consiglio, quindi, ti invita a rallentare.
Rilassati, per rallentare e avere la migliore gestione possibile di te.
Per rilassarti al tempo del coronavirus ci sono tanti modi. La soluzione migliore è fare respiri profondi, con un ritmo costante, per un minuto. Tre secondi si prende l’aria e tre secondi la si fa uscire. Dedicare attenzione al rilassamento in determinati momenti, ad esempio un minuto ogni ora, aiuta a tranquillizzare la mente. Evita alcol o altre sostanze che prendono il controllo su di te, perché alla lunga ti penalizzeranno.
Per rilassarti, puoi fare anche una doccia calda o un pisolino. Puoi anche ricorrere ad una bevanda calda.
Dopo queste attività, focalizzati su come ti senti e vedi se il senso di minaccia è meno presente.
Dobbiamo trasformare la paura, rallentando, per restare concentrati sulle cose importanti.
Questo ci aiuterà ad attivare la parte del cervello che oggi ci serve più di tutte: la corteccia prefrontale.
La corteccia prefrontale sintetizza tutte le informazioni utili per aiutarci a regolare i processi mentali e comportamentali. Questa parte del cervello ha connessioni con i sistemi sensoriali, della memoria, della regolazione delle emozioni e della pianificazione delle azioni. Il suo uso, quindi, è utile per riflettere adeguatamente, anziché agire d’impulso, pianificando e decidendo il giusto modo di agire.
Per far funzionare la corteccia prefrontale al meglio, dobbiamo fare in modo che il nostro cervello non sia iperattivato dalla paura. Dobbiamo imparare a rilassarci, per regolare la paura su livelli bassi, senza reprimerla, rallentando.
Perché al tempo del coronavirus la paura può fallire nel suo compito di proteggerti?
In passato le possibilità erano semplici: si scappava e si restava immobili e nascosti dinnanzi ai predatori. Quando questo era inutile, la disperazione spingeva ad attaccare. Se non si era soli, la paura univa gli individui, per aggredire insieme una minaccia comune ben visibile. Anche i nostri antenati più primitivi capivano che insieme si era più forti.
Quindi, la paura può fallire nel suo compito di proteggerci perché oggi abbiamo bisogno di nuove opzioni di comportamento. Al tempo del coronavirus, non serve scappare e non ha senso aggredire con la forza bruta o con una clava il COVID-19.
Non siamo abituati a stare in questo stato di bisogno. Non stupisce, quindi, vedere persone che in preda all’istinto adottano comportamenti competitivi di accaparramento, fuga da un luogo, o di rabbia, come facevano i nostri antenati. Per fortuna queste persone sono la minoranza e di risorse alimentari ne abbiamo, perchè non proveniamo da un periodo di carestia.
Cosa fare?
Per acquisire nuove opzioni di comportamento, ci viene chiesto di fidarci da chi studia il coronavirus e ce lo racconta. Questa richiesta non è affatto facile da soddisfare.
La richiesta di fiducia esisteva anche un tempo, è ovvio, ma si concedeva sulla base di indizi verosimili. C’era sempre un odore, un rumore, un verso minaccioso, una sagoma lontana che rafforzava l’impressione data dagli allarmi lanciati dai nostri simili. Quando ci si allarmava per un pericolo, si cominciava a cercare i segnali necessari per coordinarsi e regolarsi rispetto alla posizione e all’avanzata del pericolo stesso.
Invece, come già detto, al tempo del coronavirus se andiamo in allarme e iniziamo a cercare indizi non troveremo nulla. Se restiamo per troppo tempo in questa dinamica di ricerca, la paura aumenterà fino al punto da farci trovare forzatamente indizi, dando un significato spaventoso anche ad elementi di vita innocui. Al tempo del coronavirus, quindi, rischiamo di vedere ognuno una cosa diversa, in base a ciò che crediamo giusto, secondo il nostro personale ed egocentrico punto di vista.
In assenza di elementi ben percettibili, dunque, la paura fallisce nel compito di unirci con le altre persone, disgregandoci. Ognuno di noi rischia di comportarsi in modo disordinato, diventando più debole e indebolendo gli altri.
Il terzo consiglio, quindi, ti richiama alla collaborazione.
Restiamo uniti negli obiettivi e impariamo comportarci come una vera comunità umana, per mantenere più potere dinnanzi a un pericolo che non possiamo osservare direttamente.
Per restare uniti è utile usare punti di riferimento concreti, dati dagli organismi che possono aiutarci a coordinarci: il Ministero della Salute; l’Istituto Superiore di Sanità; la Protezione Civile.
Ovviamente, non lasciarti ossessionare dagli aggiornamenti. Verificare le informazioni due volte al giorno, ad inizio mattinata e di sera, è più che sufficiente. Dovresti fare così anche per controllare la tua temperatura corporea, se hai il sospeto di aver contratto la malattia legata al COVID-19.
Il coordinamento ci aiuterà ad adottare soluzioni diverse rispetto ai nostri antenati, per stare bene tutti. Il coordinamento ci darà la possibilità di avere le risorse necessarie per prenderci cura di chi dipende da noi.
Soprattutto i più piccoli o chi vive disabilità che non consentono di regolarsi emotivamente, risentono maggiormente della paura diffusa. Coordinandoci, possiamo sentirci tutti più sicuri e possiamo comunicare questo senso di sicurezza diffusa anche alle persone emotivamente più fragili, per donare loro e alle loro famiglie benessere.
Il benessere delle famiglie, di tutte le famiglie, va protetto con la collaborazione di tutti. Non dobbiamo fare l’errore di pensare che ognuno farà da sé.
Perché parliamo di paura da coronavirus e non di altri vissuti emotivi?
Come avrai notato, in questa riflessione non ce la prendiamo con i giornalisti o i politici, perché sono esseri umani come me e te. Manteniamo questa impostazione anche andando avanti.
Se dovessero emergere fenomeni di panico e fosse proprio necessario puntare il dito contro qualcuno, ognuno di noi dovrebbe chiedersi se cerca di porre un freno a tutto ciò o se, invece, ha contribuito ad alzare i toni emotivi, entrando a far parte dell’enorme massa di opinionisti che ha tentato di far luce su questo nuovo fenomeno.
Partecipare alle discussioni in parte è positivo: significa che molti oggigiorno hanno voglia di donare il proprio tempo e il proprio intelletto per dare un contributo. Per fare questo, tuttavia, ricordiamo che è utile parlare di paura, anziché di panico o di altro.
Ti invito a parlare di paura e non di panico perché, come professionista della salute mentale, so che il comportamento di panico è estremamente raro nelle popolazioni, a meno che non venga alimentato. Grazie alle ricerche sul panico collettivo, infatti, scopriamo che il panico era raro anche in situazioni ben più estreme, rispetto a quelle che viviamo al tempo del coronavirus: il panico era raro persino tra i residenti delle città tedesche e giapponesi che furono bombardate durante la Seconda guerra mondiale (Clarke, 2002).
Quando si dice che il panico viene alimentato significa che anche le parole hanno potere e potrebbero iperallarmare le persone più fragili, generando gradualmente uno stato di caos che penalizza tutti, perché attiva i meccanismi di velocità, attacco-fuga e disgregazione che abbiamo considerato sopra. Anche la diffusione di immagini e video allarmanti hanno questo potere. Ora che sai tutto ciò, quindi, potrebbe essere più semplice comprendere perché il quarto consiglio riguarda la comunicazione.
Se ti imbatti in chi comunica in maniera approssimativa di panico o di fenomeni “shockanti”, rivolgi la tua attenzione ad altro, perché questo modo di comunicare è scorretto e ci fa collettivamente male.
Come sai, se al tempo del coronavirus impieghi le tue energie ed il tuo tempo per accettare e favorire la visione del panico, rischiamo di provocarci un vissuto collettivo di panico, soprattutto grazie ad internet. Alimentando in modo infondato questa visione, ci danneggeremo gravemente, molto più di quanto potrebbe fare il coronavirus da solo.
La stessa cosa avviene se tenti di imporre il tuo punto di vista con veemenza, che può attivare risposte emotive accelerate di rabbia e tensione. Se puoi, quindi, astieniti dal buttare benzina sul fuoco e non accettare le provocazioni.
Nei casi di tensione, anche comunicativa, è utile riprendere il secondo consiglio che abbiamo già visto: rilassarsi per rallentare.
L’astensione dal dibattito non è nelle tue corde? Va bene comunque. Puoi scegliere di fare altro.
In alternativa investi le tue energie positive per invitare altre persone a fare pacatamente lo stesso: astenersi dal creare allarmismo. Il tuo scopo, in questo caso, è proteggere il tuo benessere e quello della collettività, anziché avere ragione sugli altri rischiando di alimentare tensione emotiva.
Quali contatti sono consigliati?
Al tempo del coronavirus sono sconsigliati i contatti fisici troppo stretti e ravvicinati. Baci e abbracci di saluto vanno evitati. Lo stesso vale per l’affollamento, anche in luoghi di piacere e svago.
Di certo, questo non significa che il coronavirus ci debba distanziare anche emotivamente. Anzi, questo periodo può essere l’occasione giusta per riprenderci lo spazio emotivo che abbiamo ceduto negli ultimi anni. Usando in modo massiccio e scorretto smartphone e tecnologia, spesso ci siamo ritrovati vicini nello stesso posto, restando distanti emotivamente.
Al tempo del coronavirus, al contrario di quanto possiamo credere, è utile ritrovare il contatto emotivo con gli altri. Il fatto che molti siano volontariamente o involontariamente in quarantena, in isolamento fisico, non significa che debba esserci anche isolamento affettivo.
Siamo pur sempre esseri umani, bisognosi di scambiare calore emotivo per tranquillizzare la nostra mente e provare benessere.
Il quinto consiglio, dunque, considera i legami affettivi.
Migliora il tuo contatto emotivo con gli altri. Parla con una persona amica o con chi vuoi bene. Mostra gentilezza alle persone.
La connessione emotiva è condivisione delle proprie emozioni, inclusa la paura.
Al tempo del coronavirus è utile imparare a condividere anche le tue riflessioni e i tuoi sentimenti sui tuoi stati d’animo, con le persone che per te sono importanti. Evita di intrattenere conversazioni basate solo su fatti esterni, come fossero una sorta di lista di nozioni e parla di te, di come ti senti.
Nel far questo, può esserti d’aiuto osservare cosa ti viene in mente.
Concediti il lusso di prenderti un po’ di tempo in tranquillità e, se senti la paura, concediti il permesso di sentirla e abituarti ad essa. Puoi anche rivolgerti domande a riguardo: “come è collegata la mia paura con il Coronavirus?”; “quali problemi passati mi fa venire in mente?”, “cosa mi aiuta ad affrontare meglio la paura?”, “con chi sento meno la paura?”, “quali sono le mie speranze?”, “come ho affrontato momenti difficili in passato?”, ecc.
Attraverso queste ed altre domande, impara ad osservare come gestisci in genere la paura.
Impara a riflettere su come puoi sfruttare questa opportunità storica, per imparare a gestirti in modo più efficace e diventare più forte, aiutando altri a fare lo stesso. Se fatichi ad elaborare queste informazioni, considera anche il fatto di poter consultare uno psicologo, che potrà darti una mano. Se noti di avere tensioni inutili con persone che per te sono importanti, come inutili rabbie alimentate da questioni di principio, prendi in considerazione anche la possibilità di chiarirti e chiedere scusa o perdonare, se possibile.
Al contempo, ti capiterà di essere anche dalla parte di chi ascolta. Quando farai questo, non giudicare, non controbattere. Ascolta e basta, come una presenza amorevole.
Come posso applicare meglio i consigli delle Autorità?
Per fronteggiare l’emergenza è utile far riferimento ad informazioni autorevoli, considerando i tre organismi che abbiamo visto sopra: il Ministero della Salute; l’Istituto Superiore di Sanità; la Protezione Civile.
Esistono indicazioni autorevoli anche per la gestione emotiva. Esempi sono le comunicazioni offerte dall’Istituto Superiore di Sanità e il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP).
Capita, tuttavia, che talvolta i consigli ricevuti, se pur autorevoli, siano vissuti come un ulteriore peso e costrizione perché sembrano essere troppo meccanici.
Il sesto consiglio, quindi, prova ad aiutarti a migliorare il senso di libertà.
Usa la tua fantasia e creatività per rendere le necessità più piacevoli.
È vero, potresti avere la necessità di curare maggiormente l’igiene, rispetto alle solite abitudini, lavando le mani. Puoi svolgere questo compito in maniera preoccupata, nervosa, scocciata, meccanica, ecc. Poiché hai la libertà di scegliere come fare, nulla ti vieta di farlo con lo stato d’animo che tu ami, attivando le condizioni per favorirlo.
Io, ad esempio, amo cantare spesso “tanti auguri a te” anche quando non c’è nessun compleanno in vista o, durante il corso dell’anno, un po’ come faceva il Cappellaio Matto di Alice nel paese delle meraviglie. Il lavaggio delle mani, per me, diventa più allegro se mentre lavo le mani canto due volte in modo completo “tanti auguri a me”. In questo modo copro circa 40 secondi di lavaggio.
Ovviamente questo è solo un esempio, magari un po’ bizzarro, ma ti ricorda che puoi trovare il tuo modo per rendere più piacevoli le attività che sono utili per affrontare questo periodo. Puoi trovare un modo utile anche per aiutare bambini e bambine per affrontare al meglio questi momenti. Quindi, ti prego, non dimenticarti del fatto che siamo animali creativi e che possiedi una buona dose di creatività per migliorare le tue condizioni di vita.
Cosa succederà dopo il coronavirus?
Siamo molto lontani dal sapere quali saranno i costi economici e psicologici dell’attuale epidemia, senza poi contare i costi affettivi e emotivi, inquantificabili.
Restiamo fiduciosi sulla possibilità di riuscire a trovare modi efficaci per contenere questo virus, riducendo al minimo le perdite di vite umane, facendo tesoro delle sfide già affrontate nel passato.
Di certo, questo periodo finirà e quando ciò accadrà sarebbe utile che tu sia in forma, insieme alle persone che ami. Quindi, per quanto è possibile, fai in modo che quando questo finirà non siano necessari interventi vari di riabilitazione, sia sul piano fisico che emotivo e psicologico.
Che questo periodo finisca presto o duri più del previsto, anche se sembrerà banale, il settimo consiglio si rivolge a ciò che fai per te.
Prenditi amorevolmente cura di te.
Cura il sonno, l’alimentazione e l’esercizio fisico. Questi tre elementi sono gli ingredienti di base per sostenere il tuo funzionamento ottimale, anche in riferimento al sistema immunitario. Rispetto al sonno, crea delle routine funzionali per la ripresa, provando ad andare a letto presto e a svegliarti presto con regolarità, in modo da sfruttare anche le ore di luce per le attività. Rispetto all’esercizio fisico, anche se in questo periodo sei a casa, ogni ora fai un po’ di movimento per non acquisire un’impostazione troppo sedentaria e mantenere il livello di movimento prossimo ai 10.000 passi, in modo da conservare una adeguata funzionalità. Per contare i passi, puoi usare una app attraverso il cellulare.
Mantieni il più possibile accogliente e salubre anche il tuo ambiente di vita.
Se devi rimanere a casa, mantieni attiva anche la mente, magari sfruttando il tempo per leggere cose diverse dalle notizie del coronavirus o dai messaggi dei socialnetwork. Sfrutta il tempo per imparare cose nuove con corsi online anche gratuiti. Ce ne sono tantissimi e per tutti i gusti. Non cedere alla tentazione di fare solo cose passive, come ad esempio divorare serie tv.
Attivarsi, per essere pronti a riprendere la quotidianità quando questo periodo sarà superato, è anche un ulteriore modo importante per gestire la paura.
Quali riflessioni conclusive possiamo fare?
Le riflessioni nascono dall’ultimo consiglio che ti scrivo.
Usiamo al meglio le esperienze che faremo, insieme.
Oramai il COVID-19 c’è. Anche se le esperienze nate al tempo del coronavirus non erano richieste, e ce le saremmo evitata volentieri, ora dobbiamo andare avanti.
Possiamo lasciare che questo periodo ci lasci profondamente feriti o usarlo, nonostante tutto, per affrontare le situazioni insieme, per costruire un migliore modo di vivere, relazionarci e condividere benessere.
Concludiamo questo lungo scritto con tre riflessioni.
La prima riflessione parte da un fatto: articoli come questo, sarebbero poco utili se, negli anni, l’Italia avesse recepito le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1994). L’OMS affermava e afferma che la capacità di gestione emotiva e le altre abilità di vita dovrebbero essere insegnate a scuola. L’assenza di formazione sulle emozioni non deve essere ritenuta sacrificabile, perché non sappiamo quando la popolazione potrebbe averne più bisogno. Come abbiamo scoperto negli anni, le crisi sono più frequenti di quanto ci piacerebbe pensare.
Una seconda riflessione guarda al benessere individuale: questo periodo è duro e per molti di noi può essere doloroso ma può avere un’utilità per la nostra vita. Non possiamo fare miracoli, è vero, ma possiamo imparare a vivere bene, mettendo da parte il senso di impotenza alimentato dalla paura mal gestita. Il tempo del coronavirus ci offre anche la possibilità di imparare a capire come funzionano i nostri cervelli, le nostre paure e le nostre relazioni. Tutto ciò tornerà sicuramente utile per imparare a prendere decisioni migliori, non solo di fronte al coronavirus ma anche per altri aspetti della vita quotidiana. Di sicuro, inoltre, aiuterà a mettere meglio a fuoco i nostri valori per una vita meno egocentrata e, soprattutto, libera da litigi fondati su banalità.
La terza riflessione si collega alla nostra natura di animali sociali: questo periodo può insegnarci ad essere uniti come non mai. È un peccato che ciò avvenga a causa del coronavirus ma è pur sempre un inizio e un’occasione. Grazie a questo periodo possiamo capire come risolvere altri problemi che ci affliggono e richiedono interventi coordinati a livello globale: le questioni climatiche, le discriminazioni, le aggressioni, gli sfruttamenti tra nazioni, le disparità di genere o di educazione, ecc. Se sfruttiamo bene quello che ci sta capitando, quindi, possiamo imparare a mettere da parte visioni competitive e violente, dove il benessere di pochi avviene a scapito degli altri. Questo ci aiuterà a compiere un salto maturativo importante come esseri umani, se di questa esperienza ricorderemo tre sempici cose:
- siamo legati gli uni agli altri;
- il benessere dell’altro fa bene anche a me;
- il mio benessere fa bene anche all’altro.
Al tempo del coronavirus, facciamo crescere la nostra umanità.
P.S. Queste indicazioni non sostituiscono quelle delle Autorità o del tuo professionista di riferimento. In caso di dubbio, fai riferimento a loro.